1. INTERVENTO CHIRURGICO
La strategia chirurgica consisterà nel ripulire il tratto/i di arteria malati (tromboendoarterectomia) e utilizzare, talvolta, dei dispositivi (patch) sintetici o naturali (vena) che hanno la funzione di allargare il lume dell’arteria; sostituire (innesto) o di by-passare tratti di arteria malati con protesi sintetica. Tali dispositivi sintetici sono compatibili con i tessuti umani, il cui impianto potrà comunque comportare complicanze immediate e/o a distanza tra cui le più probabili sono la trombosi, l’infezione e/o dilatazione, eventi che comporterebbero l’ulteriore sostituzione della protesi con altro materiale sintetico analogo o, ad esempio, con tessuti autologhi (vene).
2. TRATTAMENTO ENDOVASCOLARE
La strategia endovascolare prevede il rilascio mediante accesso percutaneo nella zona malata di un dispositivo (stent) che serve a mantenerla aperta.
La metodica endovascolare è più recente, sicuramente meno traumatizzante per il paziente ma presenta limiti di fattibilità (tipologia della placca) ed inoltre non sappiamo negli anni quale potrà essere l’evoluzione, il che non significa necessariamente evoluzione sfavorevole.
Per tali motivi questa metodica attualmente non è indicata in tutti i pazienti affetti da stenosi carotidea, ma solo in casi selezionati e nei pazienti cosiddetti “a rischio”. Le linee guida nazionali ed internazionali al momento non raccomandano tale metodica se non in presenza di restenosi (cioè ricomparsa della malattia dopo un precedente intervento) o di condizioni anatomiche che rendono l’intervento chirurgico tradizionale di difficile esecuzione, per esempio, pazienti sottoposti a radioterapia nella regione del collo per pregresse patologie tumorali.
La metodica endovascolare inoltre non mette al riparo dalla ricomparsa della malattia ed anzi sembra essere associata ad un maggior rischio di recidiva.
In associazione a tale metodica si usa utilizzare oggi anche dei sistemi di protezione cerebrale per ridurre il rischio di embolia cerebrale e qundi di ictus intra e post-procedurale.
COS’È?
È una patologia che interessa i vasi sanguigni che portano il sangue al cervello. La formazione di placche ateromasiche a livello dell’arteria carotide interna determina restringimenti che impediscono al sangue di scorrere liberamente e di irrorare in quantità adeguata il cervello. Da tali placche possono, inoltre, distaccarsi piccoli frammenti che embolizzano nei vasi arteriosi cerebrali. Entrambi questi meccanismi sono in grado di dar luogo a ictus ischemici cerebrali.
COME SI RICONOSCE?
In molti casi, tale patologia decorre senza sintomi fino all’evento ischemico cerebrale. È, quindi, di fondamentale importanza inserire nei programmi di screening cardiovascolare lo studio delle carotidi, specie in soggetti con uno o più fattori di rischio. In altri casi, le persone affette da questa patologia possono presentare:
Ci sono esami che permettono di individuare la malattia:
CHI SI AMMALA?
I soggetti più a rischio sono persone che presentano già altre malattie cardiovascolari con i fattori di rischio associati (ipertensione arteriosa, fumo, diabete, dislipidemia) o soggetti con familiarità positiva per patologia aterosclerotica o ictus cerebrale. Anche l’età rappresenta un fattore di rischio: i pazienti di età superiore ai 50 anni hanno più probabilità di manifestare la malattia.
COME SI CURA?
Vi sono diverse tipologie di trattamento: