TIPOLOGIE DI TRATTAMENTI: attualmente le possibilità di trattamento dell’aneurisma dell’aorta addominale, per cui esista l’indicazione al trattamento, sono rappresentate da:
a) intervento chirurgico tradizionale: attraverso l’incisione chirurgica dell’addome, si procede alla sostituzione dell’aorta aneurismatica con una protesi sintetica. Tale metodica rappresenta l’approccio più classico utilizzato da decenni per il trattamento di tale patologia che dà buoni risultati e del quale si conoscono validità e limiti nel tempo; tale procedura è gravata da complicanze che possono portare a morte il paziente, la cui incidenza si è attualmente ridotta al di sotto del 5%, ma che aumenta proporzionalmente con l’aumentare dei fattori di rischio (età avanzata, compromissione degli apparati cardiaco, respiratorio, cerebrale, renale). A seguito dell’intervento, anche in assenza di complicanze, il malato frequentemente necessita per l’intervento di trasfusioni e di ricovero post-operatorio in terapia intensiva
b) trattamento endovascolare: avviene attraverso il posizionamento, sotto controllo di apparecchiature radiologiche, di una endoprotesi all’interno dell’aorta che viene introdotta attraverso le arterie femorali o le arterie iliache, mediante piccoli tagli all’inguine o sulla parte bassa dell’addome. Raramente a seguito dell’intervento possono essere necessarie trasfusioni e/o ricovero in terapia intensiva.
Il trattamento endovascolare è sicuramente meno traumatizzante per il paziente della chirurgia tradizionale e risulta vantaggioso, in quanto riduce la severità dell’intervento chirurgico ed i rischi connessi con l’apertura dell’addome e favorisce una più rapida degenza. ma non può essere sempre eseguito perché richiede alcune caratteristiche di forma dell’aneurisma e dei vasi vicini sui cui la protesi deve essere ancorata o fissata e dei vasi utilizzati per introdurre la protesi.
Tale trattamento è gravato da una mortalità inferiore a quella del trattamento in chirurgia aperta, anche se questa non è stata ancora esattamente quantificata, ma aumenta proporzionalmente con l’aumentare dei fattori di rischio (età avanzata, compromissione degli apparati cardiaco, respiratorio, cerebrale, renale).
Essendo un trattamento di più recente utilizzo, non si conoscono con certezza le sue complicanze oltre i cinque anni dall’intervento, pur non significando ciò necessariamente una evoluzione sfavorevole.